telfar ha portato tutta new york a parigi

Fotografia di @mitchell_sams
Quante Americhe esistono? Ci sono sono enclavi liberali e terre desolate di conservatori, spazi di libertà, di espressione e di repressione, oasi paradossali di utopie e distopie. Nelle sue ultime collezioni, Telfar ha cercato di trasportare la propria visione progressista in ambienti in cui non sarebbe per nulla facile incontrarla. Immagini di un tipo di America sono sovvertite per lasciare spazio a un racconto completamente diverso.
Se Telfar esprime la New York - quella eticamente, politicamente attiva, inclusiva - è perché è da quindici anni che il brand si è impegnato a far trasparire questo spirito. E allora, perché trasportare tutto questo a Parigi? Per vedere l'effetto che avrebbe fatto. La sfilata è stato più uno smuovere tutto il loro mondo per occuparne uno nuovo, invece che cercare di adattare quello che fanno a una nuova tipologia di audience. Telfar è sempre stato Telfar, da quando era un brand sconosciuto e poco cool, fino al momento in cui è stato premiato dalla CFDA. Ciò che il brand rappresenta non è mai cambiato da quando è stato fondato oltre 15 anni fa, e il mondo finalmente è riuscito a raggiungerlo. La loro filosofia senza generi non è mai stata un trend per questo marchio, al contrario è innato nel loro modo di essere e di esistere e di pensare ed è come presentano la moda al mondo.

La sfilata di questa stagione è stata descritta come un “tipo di collaborazione radicale e creativa” essendo una combinazione di suoni, video e performance. Il brand ha raggruppato un invidiabile cast di co-creatori: Dean Blunt, Steve Lacy, Arca, Ashton Sanders, Oyinda, Juliana Huxtable, Jeremy O Harris, Diamond Stingily, Ian Isiah e Petra Collins hanno tutti avuto una parte nella serata. La location La Cigale, uno spazio in Pigalle che è stato cabaret, cinema, nightclub, sala concerti sembrava un luogo abbastanza adatto per questo tipo di evento. È stata una sfilata molto aperta, che ha sconvolto i canoni di come dovrebbe essere intesa una sfilata. La cosa importante per il brand è sempre stata quella di usare questa loro apertura per contrastare le restrizioni e la natura conservatrice della maggior parte dell’America moderna.
Mentre le modelle sfilavano, il voiceover di film proiettato in sala — diretto da Clayton Vomero — parlava di immigrazione, mentre mostrava distese di acqua, rappresentando il viaggio del team di Telfar verso Parigi. Il tutto è esploso in una gioiosa canzone di Steve Lacy, e presentava monologhi in movimento di Ashton Sanders e Jeremy O Harris, che slittavano da Whitman a Shakespeare.
La collezione giocava sul duplice significato di “customs”, ossia i costumi, le tradizioni, di un paese e i controlli aeroportuali. I vestiti militareschi e da guerrilla erano riflessi nelle scene del film — “tra turismo e sopravvivenza” l’hanno descritta, e anche “nuovi vestiti per un nuovo mondo” così Telfar ha dichiarato dopo la sfilata. “Volevamo far vedere a tutti di che cosa siamo capaci,” ha aggiunto. Sembra che questa collezione sia l’ultimazione di un processo protratto nelle stagioni precedenti, incentrate sul lavoro di Americana, e che comprenda tutto ciò che hanno toccato.
C’era molto sportswear; un tono più scuro; meno referenziale. La sfilata era intitolata ‘Il Mondo non è Tutto’, ma una frase più accurata sarebbe potuta essere una versione un pò più positiva; qualcosa come ‘Tutti noi siamo il mondo’. “Siamo un brand globale,” ha detto Telfar, molto schiettamente, riguardo la decisione di sfilare a Parigi. “Vogliamo essere nella capitale della moda.” Con questa sfilata, ha rivendicato uno spazio da abitare.
Il tutto è terminato con un party sulla passerella, mentre la front row si alzava a ballare con i modelli. Forse lo spettacolo ha sovrastato la sfilata? Be, era comunque troppo buio per poterlo notare. E certamente, la moda è molto più dei vestiti, e questi i vestiti parlano da soli.














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Crediti
Fotografia di Mitchell Sams
Questo articolo è apparso originariamente su i-D UK