L'afrofuturismo intergalattico nelle foto di Lou Escobar
Luogo di sedimentazioni culturali e creative, il Senegal in questa serie diventa lo scenario di un racconto visuale di manifestazioni aliene ipersature e surreali.
L’ispirazione dietro a un’opera può assumere molti volti e agire in diversi modi. Può arrivare tramite la lettura di un testo scritto, dai frame di un film oppure dalle note di una canzone. Nel caso dell’artista Lou Escobar, è stato un luogo specifico a essere da ispirazione per la sua ultima serie fotografica: il Senegal. Mentre si trovava lì per un video musicale, si è lasciata travolgere dall’overdose di colori saturi, vibranti e accesi del paese. Da quel momento, la sua mente creativa ha iniziato a viaggiare, riportando a galla riferimenti accumulati negli anni tratti tanto dal cinema quanto dalla fotografia di moda.
“Ero in visita in Senegal e ho capito che volevo rendere quel luogo lo scenario per un mio editoriale o progetto fotografico. Così, ho convinto il mio team a tornare in Senegal per organizzare qualcosa di diverso, lontano dalle solite immagini viste e straviste,” ci racconta Lou stessa. I ritratti della serie risultano infatti alieni e alienanti, plasmate da un filtro glossy e ipersaturo che viene inquinato e poi alterato dai tratti mutaforma dei soggetti. Una specie di saggio visuale che riprende gli stilemi degli horror di serie B a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90, ma anche dell’afrofuturismo e del realismo magico africano.

Una serie che rispecchia quel flow creativo con cui l’artista si muove attraverso stimoli visuali e trigger innescati da ciò che la circonda. “All’inizio volevo provare a realizzare un documentario, ma arrivata in Senegal ho capito che sarebbe stato molto complicato, anche perché le persone a cui mi sono approcciata spesso non se la sentivano di lasciarsi immortalare,” ci spiega. Da qui, l’idea di creare un setting fantascientifico nell’Africa occidentale: “Così ho deciso di scattare un mio editoriale. E mentre realizzavo il make-up dei soggetti, ho pensato che sarebbe stato interessante tessere una storia al confine tra horror e sci-fi.” E basta un’occhiata alle immagini per cogliere subito i riferimenti agli alieni della serie TV Visitor, che sbarcarono sulla Terra e sugli schermi di tutto il mondo negli anni ‘80.
Confrontandosi con le persone che avrebbe poi scattato, modellando e alterando i loro lineamenti, Lou racconta una storia visiva inedita e suggestiva, che ibrida i codici estetici tradizionali del luogo a riferimenti contrastanti e clash visuali. La storia sembra essere quella di una popolazione aliena arrivata da remote pieghe della Cintura di Orione e insediatasi sulle spiagge senegalesi per viverci. Se in pace con la popolazione locale oppure no, questo è lasciato alla nostra immaginazione. L’unica cosa che sappiamo è che c’è qualcosa di irrisolto in quegli occhi ampi e chiari, in quei visi alterati e in quei denti che sembrano la versione vampiresca dei grill dei primi anni’00. Quella che percepiamo è soltanto una normalità apparente, una superficie che tenta di riflettere i costumi umani lasciando una scia inquietante dietro di sé, mascherata da palette vivaci e colorate.

“Per creare questo contrasto tra normalità e sci-fi abbiamo mischiato la realtà a elementi straordinari, sperimentando principalmente con il make-up, mentre abbiamo lasciato lo styling e l’ambientazione invariati,” ci spiega la fotografa. “Non volevo qualcosa di esagerato, che rischiasse di essere di cattivo gusto. Abbiamo usato solo lenti a contatto colorate, orecchie finte e qualcosa che potesse cambiare i tratti somatici del viso.”
Ispirata dalla cinematografia degli horror di Jordan Peele, nello specifico dai film Noi (2019) e Scappa - Get Out (2017), Lou ha tentato di riproporre quell’estetica ultraluminosa che preannuncia la tragedia e l’orrore in questo genere di film, giocando con il contrasto tra la percezione di colori familiari, associati a sensazioni piacevoli, e la persistente aura grottesca. “Inizialmente, non pensavo di creare qualcosa di strano, di inquietante. Ma alla fine ci siamo spinti a creare qualcosa di alternativo. Per ogni modell* abbiamo ideato uno styling specifico, e solo mentre realizzavamo i look mi sono resa conto che stavamo proponendo qualcosa di nuovo.”

Di tutto il progetto, ciò che colpisce maggiormente è la vividezza con cui i personaggi emergono dall’ambiente circostante grazie alla forza visiva delle immagini, alla caratterizzazione delle figure e a al contrasto prepotente tra queste e lo sfondo. Ogni persona scattata ha infatti un proprio sguardo, una propria posa, una propria storia da raccontare, come se fossero i personaggi di una locandina di una serie TV o di un film.
Un lavoro di character building che emerge immediatamente dalle foto: guardandole, ci immaginiamo le storie di questi personaggi, il modo in cui dialogherebbero tra loro e quale storia potrebbe nascere dalle loro interazioni. Un editoriale denso di fili narrativi ancora da dispiegare, ed proprio la natura irrisolta dei soggetti scattati a renderlo così suggestivo e ammaliante.


















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Crediti
Fotografie: Lou Escobar
Styling: Sergio Alvarez Puerta
MUA: Eva Louis
Assistente alla fotografia: Milan Lautier
Assistente stylist: Michelle Consoli
Assistente alla produzione: Elodie Gaillard
Testo: Gloria Venegoni