"Storytelling" è la mostra che a Fondazione Prada fa incontrare Oriente e Occidente
In Cina, il pittore Liu Ye è una superstar. Ora le sue opere arrivano in Italia, dove stanno finalmente ottenendo l'attenzione che meritano.
Liu Ye, "Daydream", 1997 - Collezione privata, Hong Kong
Ha inaugurato il 30 gennaio presso la Fondazione Prada di Milano, dopo essere stata presentata a Prada Rong Zhai a Shanghai nel 2018. Parliamo di Storytelling, la personale dell’artista cinese Liu Ye a cura di Udo Kittleman.
Resterà aperta fino al 28 settembre 2020 e comprende una vasta selezione di dipinti, realizzati a partire dal 1992. Il nostro consiglio è quello di godervi la mostra in una giornata in cui siete tranquilli e rilassati, liberi da impegni, per poter assaporare ogni quadro, per prendervi tutto il tempo che serve alle vostre emozioni per nascere e fluire. E non saltate le didascalie, perché non sono i soliti commenti noiosi all'opera esposta, ma dei mini racconti che rendono la visita intima e incantata, come una fiaba.

L’immaginario intimo e sensuale di Liu Ye trae le sue molteplici di ispirazioni dalla letteratura, dalla storia dell’arte e dalla cultura popolare, dando vita ad atmosfere che evocano introspezione, magia, purezza e sospensione. Nella sua pratica pittorica coesistono Oriente e Occidente, racconto fiabesco e ironia, uniti da una vena parodistica sagace. In occasione dell'anteprima della mostra, abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con Liu Ye, che descrive la sua stessa produzione commentando che “ogni opera è un mio autoritratto.” Ma lasciamo che sia direttamente lui a dirci qualcosa di più.

Come ti sei avvicinato alla pittura?
Mi sono avvicinato alla pittura da piccolissimo. Già ai tempi dell’asilo ero tra i più bravi della classa a disegnare e dipingere, è un’attitudine naturale. Non ho mai pensato “diventerò artista”, è sempre stata una passione che ho coltivato e mi ha portato qui.

In molte delle tue opere vengono rappresentati dei libri, come mai?
Quando ero piccolo mio padre, scrittore di romanzi per l’infanzia, aveva molti libri, da ogni parte del mondo e mi dava la possibilità di leggerli. Leggere era un modo di entrare in contatto con altre realtà, spesso fantasiose e colorate. Il libro non è un semplice oggetto ma un mondo da esplorare. I libri che rappresento sono volumi che per me sono significativi.

Come avete selezionato i dipinti della mostra e quali le differenze tra l’esposizione di Shanghai (Prada Rong Zhai, 2018) e quella di Milano (Fondazione Prada, 2020)?
A Shanghai le opere interagivano in modo armonico con gli arredi, le decorazioni e i colori originali della storica residenza del 1918, instaurando un rapporto simbiotico con gli spazi intimi e le piccole stanze di Prada Rong Zhai. A Milano, i dipinti generano un contrasto cromatico e materico con le pareti di cemento e l’architettura industriale di Fondazione Prada, attivando una diversa sequenza narrativa e un enigmatico contrasto con gli ampi spazi espositivi. Anche la selezione dei lavori è lievemente differente, alcuni sono stati tolti per fare spazio ad altri.

In che modo Est e Ovest si uniscono nei tuoi dipinti?
La pittura è universale, così come lo sono le emozioni. I miei lavori sono fatti per suscitare sentimenti che prendono forma negli esseri umani al di là delle differenze e dei background culturali. Voglio che i miei lavori siano immediatamente comprensibili e che tocchino le corde interiori di chiunque li guardi. Durante la mia infanzia sono stato molto in contatto con libri e fiabe provenienti dall’Occidente senza neanche rendermene conto, perché per me erano semplicemente belle storie. Se ci pensi, quando i bambini giocano tra loro, anche se vengono da luoghi e culture differenti, stanno insieme e interagiscono con spontaneità. Le differenze non esistono, quelle semmai arrivano dopo, crescendo, attraverso i condizionamenti, ma le emozioni sono uguali per tutti e bisogna viverle con naturalezza. Ecco, questo è ciò che vorrei far trasparire dai miei lavori.

C’è un lavoro che ritieni di sottolineare particolarmente all’interno di questa mostra?
Non è facile scegliere, ma penso che Pinocchio sia sicuramente un dipinto che mi è caro e che mai avrei pensato avrei esposto in Italia. Trovo sia emozionante e magico poter portare un quadro che nasce molto distante dall’Italia ma rappresenta il personaggio di una fiaba italiana. Pinocchio infondo è un personaggio in cui ognuno di noi si può riconoscere, è un personaggio che insegna valori positivi, che la perfezione infondo non esiste ma è bello così.

La mostra Storytelling è visitabile dal 30 gennaio al 28 settembre 2020 alla Fondazione Prada Milano. Ricordiamo che nello stesso periodo, nella Torre della Fondazione Prada, rimarrà aperta anche la mostra The Porcelain Room - Chinese Export Porcelain, a cura di Jorge Welsh e Luisa Vinhais, per un’immersione ancor più profonda in un Oriente quanto mai vicino.

Segui i-D su Instagram e Facebook
Crediti
Testo di Federica Tattoli
Immagini per gentile concessione di Fondazione Prada
Fotografie di Roberto Marossi