L'eleganza sexy e discreta di Prada è l'apoteosi del buongusto
Perché come disegna il buongusto Miuccia Prada, nessuno mai.
Fotografia di Mitchell Sams
Dal punto di vista del set design, la sfilata Prada A/W 20 donna ha concluso la narrativa iniziata dallo show uomo del mese scorso. Anche oggi c'era una metaforica piazza e una statua in due dimensioni. Stampe floreali, linee geometriche sul pavimento e un'intensa luce rossa ad illuminare l'ambiente.

Tutto è iniziato con due pesanti cappotti invernali, che rappresentavano la donna della precedente stagione diretta verso climi più freddi. Una silhouette prima decostruita e poi ricostruita che ha caratterizzato ogni look, rivelando la diversità dei codici Prada, oltre che la sua storia fatta di fierezza e intelligenza, sensualità, dolcezza radicale, elementi militari e nylon. Ma soprattutto, ogni abito era una nuova espressione di tali nicchie estetiche. Potremmo definirlo come un "Glamour Surreale", un qualcosa che gioca sulle connessioni tra forza e femminilità, tra l'autorevolezza e la figura femminile. Come si leggeva nelle note che hanno accompagnato la sfilata, gli abiti di questa A/W 20 donna di Prada ci mettono di fronte al "paradosso tra delicatezza e forza," ma anche al modo in cui questi concetti si contaminano e influenzano a vicenda.

Nei capi questo paradigma è diventato una sensualità decostruita, fuori dai canoni. Un potere fatto di toni pastelli. La vita stretta delle silhouette, le forme oversize, che prendono spazio e occupano.

Una palette di kaki, grigi e beige ha fatto da contraltare a sprazzi di colori primari e sfumature pastello. Allo stesso modo, gonne destrutturate e tagliuzzate bilanciavano i severi cappotti, mentre le trasparenze giocavano con tessuti pesanti e ingombranti. Tra gli highlight, sicuramente il blazer piumino, abbinato a gonne in pelle e stivali, e le giacche smanicate in shearling, ma anche le proporzioni sottilmente deformate di alcuni capi, che facevano sembrare il corpo delle modelle troppo grande o troppo piccolo, a seconda dei casi.

La collezione sembrava essere partita dai capi fondamentali del guardaroba borghese, a cui ha poi dato nuovi significati e codici storici: c'era il completo formale, c'era la pelliccia, c'era il taglio di capelli da donna d'affari, c'erano le gonne a metà polpaccio. Ogni abito aveva connotazioni uniche, certo, ma Miuccia voleva trovare nuove prospettive attraverso cui leggere queste storie che tutti conosciamo.

L'elefante nella stanza, ovviamente, era Raf Simons, insieme ai pettegolezzi sulla sua ascesa al trono ora saldamente nelle mani di Miuccia—potrebbe essere Miu Miu o il menswear, chi lo sa—che si rincorrono ormai da qualche tempo. E l'accenno a Raf potrebbe essere stato nella colonna sonora: un mix di violini d'orchestra e techno. E no, vista la collezione e le idee da cui si è sviluppata, non ci sembra che Miuccia sia pronta per la pensione.





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Fotografia di Mitchell Sams